L’Animatore Socioeducativo nei Repertori Regionali
Vorrei iniziare ringraziando youthworker.it per avermi concesso questo spazio, così da potervi raccontare quelli che sono i risultati del mio lavoro di tesi. Lo stesso vale per coloro che hanno risposto all’appello di “qualche post fa”, in cui chiedevo di contribuire alla ricerca rispondendo al questionario.
La tesi dal titolo “Youth Work e certificazione delle competenze. Riflessioni sulla realtà italiana” ha approfondito il tema del riconoscimento professionale degli youth workers, nel tentativo di mettere in luce i punti di forza e di debolezza del dibattito. Attraverso questo post e i seguenti, riassumerò quanto emerso.
Una prima parte di ricerca ha voluto indagare lo stato dell’arte dello Youth Work in Italia, anche attraverso l’analisi dei Repertori Regionali delle Figure Professionali e delle Qualificazioni. Questi strumenti –atti alla certificazione delle competenze- raccolgono e codificano l’insieme dei profili professionali, ordinandoli per aree o settori economico-professionali di riferimento. Lo scopo di questa fase era ricercare, ove presente, una figura riconducibile al profilo dello youth worker.
Ciò che emerge dall’analisi, in pillole:
- La figura di “animatore socioeducativo” o simile, è presente in 16 Repertori Regionali su 20 (tranne Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige – considerando le due Province Autonome). Questo è di per sé un dato positivo che indica un’attenzione dedicata all’individuazione delle competenze proprie.
- Vengono utilizzate diverse denominazioni: animatore professionale socioeducativo (1); tecnico dell’animazione socioeducativa (1); animatore sociale (7); animatore socioeducativo (4); tecnico delle attività di animazione sociale (1).
- L’area economico-professionale di riferimento vede prevalere il comparto socio-sanitario (9), seguito dal settore servizi alla persona inteso come educazione e formazione (4) e servizi socio assistenziali (3).
- Le referenziazioni (ovvero i codici che collegano il profilo descritto con quello di altri sistemi di classificazione) fanno emergere un collegamento con le attività di reinserimento e integrazione sociale (nel caso del sistema ISTAT). Tuttavia rimane netto il prevalere dell’area dei servizi di assistenza sociale, residenziale e non (codici ATECO).
Quali considerazioni?
Il processo di certificazione delle competenze attraverso lo strumento dei Repertori è sicuramente una delle vie possibili per pensare ad un riconoscimento formale degli youth workers. Tuttavia, ad oggi, non è presente nessun profilo in grado di rappresentare appieno quello che intendiamo – in questo senso – con animatore socioeducativo. Ciò che emerge è essenzialmente una figura rilegata al comparto socio-sanitario, che opera nell’area dello svantaggio e della marginalità e principalmente con anziani e disabili. L’educazione non formale, la cultura, il tempo libero, il protagonismo e il target giovanile sono elementi che non compaiono e che sollevano dubbi sull’adeguatezza dei profili ad oggi disponibili.
Nel prossimo post…
Le riflessioni e gli spunti ricavati dal questionario sullo Youth Work in Italia. Qual è l’opinione dei cosiddetti insiders?