Ho ripreso ultimamente il documento finale della Convenzione europea sullo Youth Work del 27-30 aprile del 2015 a Bruxelles, in cui più di 500 delegati da tutt’Europa si sono trovati per ragionare sullo youth work e sulle sfide attuali da affrontare.
Mi sono reso conto di alcune intuizioni interessanti che vale la pena divulgare.
Intanto hanno definito alcune dimensioni del ruolo ed impatto dello youth work:
- favorire l’avanzare della democrazia, dei diritti umani, della cittadinanza, dei valori europei, della partecipazione, delle pari opportunità
- promuovere la costruzione della pace, della tolleranza, dell’apprendimento interculturale; combattere la radicalizzazione, prevenire l’estremismo
- affrontare e gestire le ambiguità sociali e personali ed il cambiamento
- rafforzare le identità e appartenenze positive e l’autonomia
- sviluppare le soft skills, le competenze e le abilità, coltivando capacità di navigazione e ampliando gli orizzonti personali
- abilitare le transizioni verso una adultità “di successo”, particolarmente nell’istruzione e nella vita lavorativa
- cementare l’inclusione sociale e la coesione
- ingaggiare i giovani in pratiche collaborative, partnership di lavoro e cooperazione cross-settoriale.
Se qualcuno ha dei dubbi su quali possano essere gli “effetti” dello youth work, qui ne ha un elenco abbastanza impressionante.
Un secondo elemento di ispirazione mi è venuto invece rispetto alla considerazione che nel documento si fa su cosa lo youth work debba fare oggi: la risposta è “promuovere spazi” e “costruire ponti”.
Cose da ingegneri e architetti, dunque!
Per capire meglio, cito, traducendolo dall’inglese, il testo a pag. 5:
Il terreno comune dello Youth Work è duplice. In primo luogo, si occupa della creazione di spazi per i giovani. In secondo luogo, fornisce ponti nelle loro vite.
Entrambi gli elementi sono fondamentalmente finalizzati a sostenere lo sviluppo personale dei giovani e a rafforzare il loro coinvolgimento nei processi decisionali a livello locale, regionale, nazionale ed europeo. Si concentrano inoltre sulla promozione dello “spirito civico” e sulle responsabilità condivise tra i giovani attraverso l’uso di attività di apprendimento non formale divertenti e creative.
Oltre a creare spazi autonomi per la pratica del lavoro giovanile, lo Youth Work si occupa anche di permettere ai giovani di creare i propri spazi e di aprire spazi che mancano in altre aree – come scuole, formazione e mercato del lavoro. Analogamente, lo Youth Work svolge un ruolo di collegamento nel sostenere l’integrazione sociale dei giovani, in particolare i giovani a rischio di esclusione sociale. Lo Youth Work fornisce anche supporto e sostegno in altri contesti nella vita dei giovani.
C’è una pressione per specificare e misurare questi e altri risultati del lavoro giovanile. Occorre prestare attenzione ai risultati e incidere su dove possono essere misurati, ma il lavoro con i giovani dovrebbe continuare a concentrarsi sui processi e sui bisogni dei giovani,[…].. La Convenzione ha sottolineato che lo Youth Work contribuisce allo sviluppo di atteggiamenti e valori nei giovani così come di competenze e abilità più tangibili.
Mi pare molto importante rilanciare due questioni che qui emergono:
- lo scopo dello Youth Work è quello di aprire spazi NON solo per i giovani ma anche in altri contesti per i giovani. Mi pare un insight molto importante per chi lavora con i giovani: non è sufficiente aprire spazi giovanili (e mantenerli, che oggi è difficile) ma che bisogna aprire spazi per i giovani in altri contesti di vita, superando la rigida suddivisione a cui siamo abituati tra youth work, studio e lavoro.
- in un tempo in cui viene chiesto a tutto il Terzo Settore di misurare l’impatto sociale di ciò che si fa (spesso traducendolo in equivalenze economiche) la Convenzione rimanda che si debba farlo MA senza perdere di vista i processi, che sono l’elemento più prezioso del nostro lavoro.
Per chiudere questa breve riflessione: promuoviamo spazi per i giovani in tutti i loro ambiti di vita (= muoviamoci ed usciamo dai nostri più o meno confortevoli gusci, parliamo con le imprese, con le scuole, con le associazioni di anziani, ecc), costruiamo ponti verso l’adultità (= pensiamo a quali competenze si debba rafforzare per poter diventare adulti MA ANCHE pensiamo a progetti che aiutino questa transizione come nell’uscire di casa, nel trovare lavori più stabili, nel favorire anche l’autoimpiego…).
Per chi volesse leggere tutto il documento, lo trovate qui